martedì 29 gennaio 2013

domenica 27 gennaio 2013

Unico corpo


Sarò io le vostre mani, i vostri piedi,
perchè sono solo un uomo...
Solo un uomo... pietra e carne, qui con voi


UNICO CORPO
i giorni di Budapest
Oratorio per soli, voce narrante, coro e orchestra

testo di Gaia Zanini
musica di Alessandro Kirschner

Orchestra e solisti del Conservatorio "A. Buzzolla" di Adria
Coro Mortalisatis
diretti da Alessandro Kirschner

La loro colpa era quella di essere nati


«E’ il rumore sordo del passaggio dei treni la colonna sonora di questo luogo enorme e doloroso che è Museo della Memoria, un lungo tunnel in penombra e cemento armato, proprio sotto i binari della Stazione Centrale. «Un rumore che dovete ascoltare, è il rumore che sentivamo noi, ammassati nel buio di questi stanzoni». Il cuore rallenta e la testa cammina tra quei vagoni piombati che aspettano minacciosi sui binari morti mentre Liliana Segre, 82 anni racconta il film, vero, di una tragedia che qualcuno cerca ancora di minimizzare.
Aveva 13 anni quando una mattina di dicembre venne prelevata da casa insieme a suo padre per essere portata al quinto raggio di San Vittore. Lei, miracolosamente, tornò indietro. Suo padre, no. «Avevamo già passato tanti spaventi, la fuga, la cattura. E poi la carcerazione a San Vittore, così vicino a casa mia. Io ero nata in via San Vittore. Eravamo 5-600 in quei raggi del carcere. Un pomeriggio entrò un tedesco con la lista dei nomi. Sentii il mio, io ero nella cella 202. Ci guardavamo in faccia: anche tu? Anche tu? E non avevo il coraggio di guardare la faccia di mio padre. Non è possibile: siamo italiani, siamo nati qui e ci faranno partire...Eravamo in 500; pensate a questa umanità di madri, bambini, nonni, uomini che esce da San Vittore tra i saluti meravigliosi dei detenuti e della loro infinita umanità, per salire maltrattata sui camion che ci avrebbero portato fin qui, in Stazione Centrale, al binario 21. Si arrivava qui, proprio qui, dove ero venuta tante volte per partire e andare al mare o in campagna, tutti ammassati nel buio, impauriti...Ma non erano solo le Ss che spingevano o urlavano, c’erano anche tanti italiani, i repubblichini, i più zelanti, brutali, pronti a farsi vedere efficienti dai loro alleati.
Poi ci spingevano e dal buio uscivamo in stazione per salire su questi vagoni che venivano sprangati dall’esterno. Immaginatevi come eravamo ammassati, con poca paglia sul pavimento e un unico secchio immondo per i nostri bisogni, che la paura riempiva in fretta.

Ma perché degli uomini hanno fatto questo a dei bambini, anziani, donne incinte? Perché a dei nonni, dei malati, facevano questo? La loro colpa era quella di essere nati.
E così è cominciato quel viaggio verso Auschwitz che io non sapevo nemmeno dov’era. Un viaggio che non parte da qui ma da molto prima di qui. E’ cominciato dalle cancellazioni dei nostri nomi dagli elenchi telefonici, dalle espulsioni dalle scuole, dall’indifferenza.....
Il treno parte e noi vediamo passare città conosciute fino a quando, dopo una settimana, arriviamo ad Auschwitz. Ma come si può immaginare che dalla mia città si arrivi in un luogo del genere? Come si può immaginare tutto questo? E lì è cominciata un’esistenza dove ti dicono “vivrai finché lavorerai”, e tu non sai come ma sopravvivi, diventi scheletro e davanti a te vedi le ciminiere dei forni...Lo sentite questo rumore, questo treno che passa...Ci faceva paura. E’ il rumore giusto per questo posto. Ricordatevene. A me fanno pena quelli che negano, che non ricordano. I promotori della bugia e della menzogna. Ascoltatelo questo rumore.

Poi, dopo tante storie passate là dentro, in fondo tutte senza senso, ti accorgi che stranamente ce la fai, ce l’hai fatta. E torni, da sola. Nella Milano degli indifferenti. Io incontravo le amiche, le mie ex compagne di classe che mi chiedevano: “Ma come mai? A un certo punto sei sparita, non ti abbiamo vista più...”.
Oggi ho 82 anni e francamente non credevo che sarei riuscita a vedere questo luogo, questo Museo della Memoria. Io non ho più parlato per più di 40 anni di quello che mi era successo. Poi, 10 anni fa, abbiamo deciso questa sfida, abbiamo deciso che era giusto ricordare. Non è stato un percorso facile o in discesa. Ma sei milioni di morti potevano essere dimenticati se non si fosse voluto costruire un luogo del genere.
E adesso, ognuno di voi cerchi per un secondo di immedesimarsi in ognuna di quelle persone, di quei 605 milanesi che furono deportati per la sola colpa di essere nati». Era un giorno freddo, un giorno così. "Era il 31 gennaio del 1944"»
Liliana Segre, 82 anni, tra i sopravvissuti dei 605 che il 30 gennaio del ’44 dal carcere di san Vittore furono portati nei campi di sterminio (da La Stampa, 27 gennaio 2013)

photo by isi

sabato 26 gennaio 2013

Mezza età

"Mezza età: è quello stadio della vita in cui hai raggiunto la cima della scala,
e ti accorgi che era appoggiata al muro sbagliato"
(Joseph Campbell, The hero's journey, cit. in F. Rampini, Voi avete gli orologi, noi abbiamo il tempo)

venerdì 25 gennaio 2013

La migliore offerta

In ogni falso si nasconde sempre qualcosa di autentico




"Vivere con una donna è come partecipare ad un'asta. Non sai mai se la tua è l'offerta migliore"

mercoledì 23 gennaio 2013

Today

Yesterday is history. Tomorrow a mystery. 
Today is a gift: thats why it's called the present



photo by isi

venerdì 11 gennaio 2013

Medea, per sempre

Mariangela Melato
19.09.1941 - 11.01.2013


giovedì 10 gennaio 2013

Raro e prezioso


Padova, Palazzo del Bo
Aula Magna "Galileo Galilei"
Laurea honoris causa in Scienze dello Spettacolo e della Produzione multimediale a Marco Paolini
"Un riconoscimento raro e prezioso per un personaggio raro e prezioso"

photo by isi

martedì 1 gennaio 2013

2013 col futuro negli occhi e il passato nel cuore


« Chi cambia per il gusto di cambiare è un isterico. Chi si abbarbica al vecchio un illuso e talora un vigliacco. Sul lavoro, in amore e in ogni altra cosa, il cambiamento vero è la rottura di uno schema. Un distacco che fa paura e produce sofferenza, ma una sofferenza indispensabile, preludio alla gioia. Perciò va affrontato col futuro negli occhi e il passato nel cuore.»
Massimo Gramellini, Insomma si cambia, Buongiorno da La Stampa del 7/09/2012