sabato 31 dicembre 2011

2011

resteranno impressi, indelebili, nella memoria...


... tutto il resto, sono cose che dimentico
"Qui nel girone invisibili 
per un capriccio del cielo 
viviamo come destini 
e tutti ne sentiamo il gelo... il gelo" 

The Artist

"... The Artist è una parodia nel senso letterale del termine, cioè una riscrittura, un'imitazione che gioca su vari modelli d'epoca, collocando il clou della storia in un momento fatidico per il cinema, quel biennio 1927/28 quando prese a parlare: una vera rivoluzione, già rievocata nell'incantevole commedia musicale Singin in The Rain. Per The Artist, Hazanavicius attinge a questo e altri generi incluso il melò (a partire da A Star is Born); mentre la star George Valentin impersonata da Dujardin ha il baffetto sciupa femmine dell'avventuroso e romantico Douglas Fairbanks, e la Peppi incarnata da Bérénice Béjo è un tipetto spiritoso e vivace alla Claudette Colbert. La vicenda è quella di un divo che tramonta, di una stellina che ascende e di una reciproca attrazione amorosa che si concretizza in un delizioso happy end. Ma, a dispetto di quanto abbiamo scritto, The Artist non è un prodotto di nicchia riservato ai più cinefili. Girando in loco con parecchie maestranze americane, Hazanavicius è riuscito infatti a realizzare un film che ha le carte in regola per essere davvero un film muto hollywoodiano, e di quelli ottimi: copione, fotografia, costumi, ambienti, cast, tutto è perfetto, incantevole. D'altro canto la commedia è moderna per il filtro di un ironico distacco (sottolineato da una colonna sonora in cui troviamo persino il tema dell'hitchcockiano Vertigo), che però non va mai a detrimento della partecipazione emotiva."
(Alessandra Levantesi, La Stampa)


"Può un film in bianco e nero e (quasi) interamente muto, proiettato in formato quadrato nonché lievemente accelerato (22 fotogrammi al secondo invece dei consueti 24) rompere il tacito patto tra il critico e lo spettatore? Certamente sì, nel caso di «The Artist» del francese Hazanavicius (candidato non a caso a cinque Golden Globes): rinunciando al dovere professionale di mediare tra i diversi gusti dei diversi pubblici, il primo dichiarerà al secondo di non accettare controversie perché si tratta di un capolavoro." 
(Valerio Caprara, Il Mattino)

"A volte, si attribuisce troppo spesso, ad un film, l’etichetta di capolavoro ma per questa stupenda pellicola non si rischia di abusare del termine. Che poi il lungometraggio probabilmente più bello di questo 2011 non sia parlato e a colori la dice lunga su cosa si intenda per «magia del cinema». Certo, l’idea è originale. Fare un film Muto che racconti l’avvento del Sonoro è da applausi. Una sfida azzardata ma vinta a pieni voti. Merito di Michel Hazanavicius che ha confezionato un gioiello artistico assoluto."
(Maurizio Acerbi, Il Giornale)



giovedì 15 dicembre 2011

Le anime nobili

Padova, Istituto Oncologico Veneto I.R.C.C.S.
Sulla porta del Punto prelievi...


martedì 6 dicembre 2011

Elektra - Hugo von Hofmannsthal

"La Grecia di Hofmannsthal è quindi un'invenzione onirica del poeta, un incubo ossessivo dell'autore, insomma un sogno. O meglio l'analisi antelitteram dei sogni. Per questo ho deciso di ambientare la vicenda in un palazzo escheranamente distorto, dove i personaggi, vestiti in abiti da manicomio, con reminiscenze shakesperiane più che sofoclee, devono ad ogni parola pronunciata sbugiardare la possibilità di essere personaggi tragici e confermare la tragicità di non sapere più chi essi siano realmente: personaggi che fanno vivere l'incubo di Elettra, o incubi essi stessi di chi li guarda?"
(Carmelo Rifici, libretto di sala)




"È una patologia della mente quella che accomuna servi e padroni nel palazzo degli Atridi, livido e claustrofobico come può esserlo un ospedale psichiatrico all’interno del quale si muovono larve umane, i cui movimenti schizoidi rivelano la loro infermità (icastiche le serve di Francesca Botti, Giovanna Mangiù, Silvia Masotti, Chiara Saleri, Lucia Schierano). Niente segue più la scansione normale della vita: tutto sembra essersi fermato al momento della feroce uccisione di Agamennone per mano della moglie Clitemestra e del suo amante Egisto. Le serve strofinano parossisticamente le macchie di sangue che lordano il pavimento, coalizzate tra loro in aperta ostilità contro Elektra, emarginata e maltrattata, chiusa nel suo odio contro la madre, in spasmodica attesa del ritorno del fratello Oreste e dell’agognata vendetta.

Non indulge al patetismo Carmelo Rifici nella sua messa in scena, densa di richiami shakespiriani e di citazioni letterarie, dell’Elektra di Hugo von Hofmannsthal: punta, invece, sulla forza espressiva di un’interprete del calibro di Elisabetta Pozzi, che rende con sorvegliata efficacia la ferocia e il rancore che le minano anima e corpo. Intorno a lei si raggruma un’umanità malata, piagata nell’intimo, sconvolta dai propri interiori tormenti, come la sorella Crisotemi (impersonata con efficacia da Marta Richeldi), costretta suo malgrado a condividere l’infelice sorte di Elektra, quando invece vorrebbe poter vivere con pienezza il proprio destino di giovane donna. Il suo essere sembra cristallizzato in una forma che non le appartiene più, quella di fanciulla ormai appassita, come mostra l’abito da bambola gualcito che indossa.

Vittime e carnefici sono lacerati in uguale misura da fantasmi della psiche: Clitemestra (una tormentata Mariangela Granelli), sconvolta da incubi notturni, scanna vittime sacrificali per placare gli spettri che l’assediano e invano chiede aiuto all’odiata figlia. I volti devastati da maschere rugose rivelano i torbidi meandri dell’anima, segnando la fisionomia delle serve, di Crisotemi, di Clitemestra e di Egisto (uno spettrale Alberto Fasoli), mentre Oreste (l’appassionato Massimo Nicolini) al suo insperato apparire mantiene una sorta di incontaminata purezza. Percorre tutto lo spettacolo la musica creata da Daniele D’Angelo, un originale impasto sonoro di melodie, rumori, dissonanze a commento dell’azione."
(Caterina Barone, Corriere del Veneto)

sabato 3 dicembre 2011

Tra protostoria e storia

"Tra protostoria e storia, volume numero 20 della Collana, inaugura una nuova linea di pubblicazioni, ossia le raccolte di studi con le quali si desidera omaggiare l’attività di quanti sono stati (ma di fatto continuano ad essere) voci importanti nel campo degli studi. Non un ambito di ricerca in senso proprio, quindi, bensì lavori corali, i cui fili conduttori sono il rispetto e l’affetto di colleghi, amici e allievi."

"In quanto raccolta di studi in onore di una collega, il volume Tra protostoria e storia si presenta necessariamente molto variegato dal punto di vista dei contenuti: cronologicamente copre un arco che va dall’età pre-protostorica sino ai giorni nostri, laddove i contributi dedicati al mondo protostorico, ambito di ricerca di Loredana Capuis, sono i più numerosi con il denominatore comune dell’aggiornamento sia dell'archeologia protostorica, sia di quella “storica”.
Ma anche le tematiche trattate sono molteplici, con contributi su nuovi rinvenimenti o rivisitazioni critiche di problemi ancora aperti: i materiali, innanzitutto, nella doppia prospettiva della produzione e della circolazione, testimonianza dei commerci e della diffusione non solo di merci ma anche di cultura in senso lato; e le novità legate allo studio del territorio e delle sue dinamiche di occupazione e sfruttamento, con una particolare attenzione per l’ambito veneto; ancora, la ricerca iconografica, già oggetto di studi di Loredana Capuis, anch’essa declinata in senso trasversale dalle attestazioni di età protostorica, attraverso la stagione classica, fino alla presenza dell’antico nel patrimonio artistico e nel collezionismo di età moderna. E non mancano infine considerazioni di grande attualità come quelle dedicate alla legislazione sul “paesaggio”, inteso come territorio e cultura.
Eppure, nonostante la varietà dei contributi che lo compongono, un filo rosso percorre tutti gli scritti senza esclusione alcuna: un filo che è dato dal rigoroso metodo con cui tutte le ricerche sono condotte, e che testimonia la solidità di una scuola di studi – che trascende le singole realtà accademiche – di cui Loredana Capuis è stata ed è voce preziosa, fondamentale, vivace."

giovedì 1 dicembre 2011

Gesti antichi e aromi di terre lontane

Ho fatto un massaggio oggi.
Era quel che restava di un regalo natalizio dello scorso anno. Un regalo bello, magnifico, nella cornice fatata di una cena da Antonio, perché là andavamo nelle serate speciali. E quella era una serata speciale.

Le tovaglie color panna, la candela accesa che sbocciava dal gioco di tulle del centrotavola, il palato accarezzato dal gusto sobrio di pietanze al tempo stesso raffinate e semplici, le premure discrete di Antonio...
E nel mezzo quelle due buste, che avevano all'interno un mondo fino ad allora sconosciuto, la promessa di attimi di vita sospesa nei quali il calore dell'acqua termale avrebbe saputo spegnere, lui solo, la rabbia e la delusione di un'occasione mancata, il dolore recente che toglieva il senno e strozzava il respiro.
Mi aveva riso il cuore, quando avevo aperto le buste e avevo letto, con incredulità e gioia quasi infantili...
Che regalo meraviglioso!

Restava il massaggio: trattamento hammam marocchino. Piacevole, rilassante eco tutta occidentale di altri gesti e altri aromi, un ripetere abituale di movimenti meccanici (moda, non "rito"), che sanno pulire il corpo ma non riescono a curare l'anima.

Ferzan Ozpetek, Hamam - Il bagno turco

Settembre 2010. Ad Efeso per un convegno. Un giorno, finiti i lavori, il mio primo bagno turco. E lì, lavata da mani esperte e abbandonata al silenzio dell'hamam, tra il vapore che gocciava mentre la volta risuonava della chiamata alla preghiera della sera, ho capito: in quel preciso istante, la resa totale e incondizionata a quella terra di sole e di spezie, ai suoi occhi neri e profondi che ti scrutano senza pudore, entrano in te, nelle ossa e nel sangue, ti possiedono con sguardi antichi tanto violenti quanto sensuali.
"... hamam, l'amore per tutte le cose, tradizione...
e dare sollievo alla carne per arrivare a dare sollievo allo spirito"


photo 2 by isi

domenica 27 novembre 2011

Cara sorella

Milano, 26-27 novembre 2011. E prima Parigi, e Roma. E poi ancora...



"Vedi, cara sorella, la terra mi parla di te e tutto quello che vedo lo vedo due volte,
perché ho i miei e i tuoi occhi per affrontare il mondo"
(Paola Calvetti, Cara sorella)


photo by isi

sabato 26 novembre 2011

Rose bianche e tulipani lilla

A una dolce, forte amica, che ha in sé la vita come l'alba di un giorno di inizio estate.
E al compagno dei suoi giorni.

Mark Knopfler, Romeo & Juliet

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domenica 20 novembre 2011

Il mondo non è perfetto

Ieri sera ho rivisto le luci sul Lago. 
A distanza di pochi mesi, loro sempre lì (imperturbabili, affascinanti, forse anche romantiche), a specchiarsi sull'acqua placida, nel nero della notte. 
Come si specchiavano allora, quando assistevano indifferenti alle ultime battute, quei pochi giorni sui quali già incombeva la parola "fine".


"La morte d'un amore è come la morte di una persona amata. Lascia lo stesso strazio, lo stesso vuoto, lo stesso rifiuto di rassegnarti a quel vuoto. Perfino se l'hai attesa, causata, voluta per autodifesa o buonsenso o bisogno di di libertà, quando arriva ti senti invalido. Mutilato. Ti sembra d'essere rimasto con un occhio solo, un orecchio solo, un polmone solo, un braccio solo, una gamba sola, il cervello dimezzato, e non fai che invocare la metà perduta di te stesso: colui o colei con cui ti sentivi intero.
Nel farlo non ricordi nemmeno le sue colpe, i tormenti che ti inflisse, le sofferenze che ti impose. Il rimpianto ti consegna la memoria d'una persona pregevole anzi straordinaria, d'un tesoro unico al mondo, né serve a nulla dirsi che ciò è un'offesa alla logica, un insulto all'intelligenza, un masochismo (in amore, la logica non serve, l'intelligenza non giova, e il masochismo raggiunge vette da psichiatria).
Poi, un po' per volta, ti passa.
Magari senza che tu ne sia consapevole lo strazio si smorza, si dissolve, il vuoto diminuisce, e il rifiuto di rassegnarti ad esso scompare. Ti rendi finalmente conto che l'oggetto del tuo amore morto non era né una persona pregevole anzi straordinaria né un tesoro unico al mondo, lo sostituisci con un'altra metà o supposta metà di te stesso, e per un certo periodo recuperi la tua interezza. Però sull'anima rimane uno sfregio che la imbruttisce, un livido nero che la deturpa, e ti accorgi di non essere quello o quella che eri prima del lutto. La tua energia s'è infiacchita, la tua curiosità s'è affievolita, e la tua fiducia nel futuro s'è spenta perché hai scoperto d'aver sprecato un pezzo di esistenza che nessuno ti rimborserà.
Ecco perché, anche se un amore langue senza rimedio, lo curi e ti sforzi di guarirlo. Ecco perché, anche se in stato di coma boccheggia, cerchi di rinviare l'istante in cui esalerà l'ultimo respiro: lo trattieni e in silenzio  lo supplichi di vivere ancora un giorno, un'ora, un minuto. Ecco infine perché, anche quando smette di respirare, esiti a seppellirlo o addirittura cerchi di resuscitarlo. Alzati, Lazzaro, e cammina..."
(Oriana Fallaci, Inshallah)


photo by isi

venerdì 18 novembre 2011

Cosa tiene accese le stelle


"Tra vent'anni sarai più deluso dalle cose che non hai fatto che da quelle che hai fatto. 
E allora molla gli ormeggi. 
Lascia i porti sicuri. 
Lascia che gli alisei riempiano le tue vele. 
Esplora. Sogna" 
(Mark Twaine, cit. in Mario Calabresi, Cosa tiene accese le stelle)

martedì 15 novembre 2011

Tutto quello che conta

«... è che non bisogna aver paura di lasciare, perché tutto quello che conta non ci lascia mai. Anche quando non vogliamo»
«Quindi alla fine non si lascia niente e nessuno»
«Già...»
«... Che bella fregatura!»

Ferzan Ozpetek, Mine vaganti

lunedì 14 novembre 2011

Aquae in rete

14 novembre 2011, ore 11.00
va in rete il sito del Progetto Aquae Patavinae 
dell'Università degli Studi di Padova, Dipartimento di Archeologia


domenica 13 novembre 2011

Mark Knopfler

9 luglio 2010


9 novembre 2011...


"è bello che dove finiscono le tue dita debba in qualche modo incominciare una chitarra"
Mark Knopfler - Padova 9.11.2011
Mark Knopfler - Padova 9.11.2011 pk
Mark Knopfler, Marbletown

photo by valx

sabato 12 novembre 2011

Nessuna notte è infinita...

"Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano ha ricevuto oggi alle ore 21.00 al Palazzo del Quirinale il Presidente del Consiglio dei Ministri, onorevole Silvio Berlusconi, il quale, essendosi concluso l'iter parlamentare di esame e di approvazione della legge di stabilità e del bilancio di previsione dello Stato, ha rassegnato le dimissioni del Governo da lui presieduto." (dal Comunicato della Presidenza della Repubblica) 

E che sia per Te l'alba di un giorno nuovo, povera nostra Italia, violentata, umiliata, derisa e calpestata nel nome dell'interesse di pochi...
Sarà un'alba lunga, dolorosa e faticosa, per uscire dall'inutile assurda agonia di questi ultimi 17 anni.
Auguri, amata Italia!

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giovedì 10 novembre 2011

Echi di galateo

Soave il gusto di quei piccoli gesti antichi e non ostentati, che ti fanno capire come – anche se declinati tra colleghi a un pranzo di lavoro o tra amici di vecchia data – in quel frammento di dinamica tra un uomo e una donna, sei tu il centro del mondo...

domenica 6 novembre 2011

Canna da zucchero

"Cosa cazzo ne avevo fatto di tutta la vita fino ad allora?
Un precariato infinito di emozioni, luoghi e persone, soprattutto di persone.
Di persone che avevo amato e lasciato, che mi avevano amata e lasciata. Ma non se n'erano mai andate. Loro erano tutte assieme qualcosa di me. Perché la mia paura più grande, in fondo, era perderle veramente."
(Carla Menaldo, Canna da zucchero

Rossa!

Ho una bici rossa. Nuova, bella, bellissima.
Mi piacciono tanto le bici rosse. Me ne regalarono una per il mio decimo compleanno. La Graziella, quella l'avevo sfasciata andando a tutta velocità contro il muro del cortile alla fine dell'estate, sotto lo sguardo attonito di mamma e papà: un gesto che nessuno ha mai capito e che io non ho mai spiegato. Ma la Graziella era bianca.
Poi arrivò la bici rossa, una Francesco Moser, l'idolo dei tempi. Ma era una bici "da grande", non toccavo terra neppure abbassando del tutto il sellino, perciò l'avevano parcheggiata sul pianerottolo di casa, appoggiata alla balaustra delle scale. Quell'inverno, passai ore sulla mia bici rossa, a immaginarmi, oltre il muro delle scale, strade infinite nella libertà dell'estate che quella bici mi prometteva, ammiccando con il suo telaio brillante.
E adesso ho una bici rossa, nuova, di nuovo. Un regalo bellissimo, che ammicca dal terrazzo dove l'ho riparata dalla pioggia di questi giorni, portando con sè nuove promesse, nuove strade, forse anche nuove libertà.


photo by isi

sabato 5 novembre 2011

Roman e il suo cucciolo

DOPO LA CADUTA
Alessandro Gassman interpreta e dirige “Roman e il suo cucciolo”

"Un teatro necessario è quello a cui Alessandro Gassman vuole dare corpo e sostanza con i suoi spettacoli. Così è stato nella scorsa stagione con il pluripremiato “La parola ai giurati” di Reginald Rose sul tema della giustizia ed ora con il nuovo “Roman e il suo cucciolo”, traduzione e adattamento di Edoardo Erba di un’opera degli anni Ottanta di Reinaldo Povod, "Cuba and His Teddy Bear", sulla condizione degli immigrati cubani nel sud-est degli Stati Uniti. Trasposta nel contesto della realtà di una periferia urbana in Italia, l’opera nella lettura proposta dalla sensibile regia di Gassman, che ne è anche emozionante e vigoroso protagonista, diviene strumento di denuncia dell’emarginazione di etnie “altre” all’interno del nostro paese e più in generale nella società contemporanea.

Il nucleo narrativo si snoda intorno alle figure contrapposte di un padre-padrone (Roman, interpretato da Gassman) e un figlio (il Cucciolo del disinvolto esordiente Giovanni Anzaldo), fragile e sognatore, che si amano, ma non si comprendono. Il loro, però, non è solo un conflitto generazionale: a separarli è soprattutto il rifiuto da parte del figlio delle origini del padre, un rumeno rifugiatosi in Italia con la madre dopo la caduta del regime di Ceausescu e divenuto spacciatore di droga per vivere. Un rapporto tormentato che per incapacità comunicativa sfocerà in tragedia in un’estrema affermazione d’amore paterno.


Realizzato con innesti di tecnica cinematografica (opera di Marco Schiavoni) con la proiezione sul velatino che chiude il boccascena di immagini oniriche ed evocative, o con quella del traffico automobilistico sullo sfondo della scena a sottolineare il degrado e lo squallore dell’ambiente, lo spettacolo prende il pubblico alla gola, chiamandolo in causa su quanto accade sotto i suoi occhi in una quotidianità che spesso viene rifiutata in blocco.

Sostenuta da eccellenti attori che incarnano con partecipe professionalità un’umanità sofferente ed emarginata, Manrico Gammarota (a cui va una menzione speciale per la sua sensibile interpretazione di Geco, l’amico di famiglia), Sergio Meogrossi (l’ambiguo Che), Matteo Taranto (l’irruente sfruttatore Dragos), Natalia Lungu (la fragile prostituta) e Andrea Paolotti (tracotante pusher), la pièce offre emozioni autentiche e motivi di riflessione."

Caterina Barone (da Scénario, www.inscenaonline.altervista.org)

sabato 29 ottobre 2011

venerdì 28 ottobre 2011

Quel conto (molto) salato

"La vita sulla Terra costa abbastanza poco.
Per i sogni ad esempio qui non paghi un soldo.
Per le illusioni - solo se perdute.
Per il possesso di un corpo - solo con il corpo"
(Wislawa Szymborska, Qui)


giovedì 27 ottobre 2011

Un uomo


«Dimmi, l’amore cos’è?» «Forse è portare in borsa due saponette di tritolo.» «Brava. Portarle o affidarle. Te le ho affidate di proposito, per dimostrarti che l’amore è amicizia e complicità. L’amore è una compagna con la quale si divide il letto perché si divide un sogno, un impegno. Io non voglio una donna con cui essere felice. Il mondo è pieno di donne con cui si può essere felici, se è la felicità che si cerca… però non ho mai avuto una compagna. E voglio una compagna. Una compagna che mi sia compagno, amico, complice, fratello…»
(Oriana Fallaci, Un uomo)


"For love and sex and faith and fear
And all the things that keep us here
In the mysterious distance
Between a man and a woman"

photo by isi

mercoledì 26 ottobre 2011

It's the book of my days

"Let me watch by the fire and remember my days 
And it may be a trick of the firelight 
But the flickering pages that trouble my sight 
Is a book I’m afraid to write...  
There are promises broken and promises kept 
Angry words that were spoken, when I should have wept 
There's a chapter of secrets, and words to confess 
If I lose everything that I possess 
There's a chapter on loss and a ghost who won't die 
There's a chapter on love where the ink's never dry 
There are sentences served in a prison I built out of lies... 
Though the pages are numbered 
I can't see where they lead 
For the end is a mystery no one can read 
In the book of my life"

Sting, The book of my life

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venerdì 21 ottobre 2011

Una porta blu e tanti fiori di carta

Al secondo piano dell'Istituto Oncologico Veneto di Padova, una porta blu si apre su una piccola stanza piena di fiori e rondini di carta, disegni, acquerelli, pietrine colorate: è la sede del Laboratorio artistico IOVart. Qui i pazienti oncologici in trattamento e i loro accompagnatori possono trascorrere il tempo dell'attesa delle cure impegnandosi in attività capaci di distrarli dal peso che grava sui loro cuori: mentre i numeri delle prenotazioni scorrono lenti sul display, donne e uomini d'ogni età disegnano, dipingono, creano piccole gioie con le perline di vetro e il filo di rame, danno alla carta velina la forma e il profumo dei fiori, ascoltano la musica canticchiando a mezza voce; a volte stanno solo lì, seduti, ad ascoltare le chiacchiere squillanti di Giuliana, il parlare sommesso di Alessandro, la voce calda e profonda di Pia.
"La malattia è un inciampo della vita, il cancro un capitombolo dal quale, per fortuna, ci si rialza sempre più spesso, a patto di passare attraverso il labirinto della cura che presenta ostacoli, salite, discese, e si accompagna a un profondo malessere fisico e psichico"
Puoi entrare, nel Laboratorio, sederti con gli insegnanti e i pazienti, parlare delle tante sciocchezze quotidiane, scherzare sugli accadimenti buffi della vita, fantasticare anche... Con semplicità e senza ipocrisie, non c'è spazio per la commiserazione, nel Laboratorio, non c'è spazio per il dolore, la paura, la solitudine. La Malattia resta fuori da quella porta blu. Lì regna l'arte: perché "l’arte non ti lascia solo mai, neppure nei momenti più bui e, generosamente, lo fa anche se non sei un artista".

A più di tre anni dall'inizio delle attività del Laboratorio, oggi è stato presentato il libro che ne ripercorre la vita: 56 pagine, non di più, di memorie, attraverso le parole di chi l'ha fortemente voluto, degli insegnanti, di medici, artisti e critici d'arte, ma soprattutto di quanti al Laboratorio hanno trascorso quelle attese, pazienti e loro cari.
Ed è stato alla fine di un'anomala presentazione - poche chiacchiere moderate con levità, e molte emozioni nelle immagini del filmato e nei passi letti dai due attori - che Beppe ha salutato i presenti sulle note del più dolce dei messaggi di speranza dei nostri tempi.

A Pia, Giuliana, Alessandro, Vanilla, Beppe. E a tutti coloro che varcano quella porta blu.

Roberto Benigni, Quanto t'ho amato

martedì 18 ottobre 2011

Paris, avec ma soeur







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Bugiardino semantico

"Mi dispiace": falso sinonimo di "non me ne frega niente"
Indicazioni e modo d'uso: forma ingentilita atta a velare di dubbia contrizione l'eventuale scrupolo per aver tradito, ingannato e/o deluso ingenua fiducia, malriposte aspettative, devozione, affetto, amicizia.
Controindicazioni: di pura funzione palliativa, con l'uso ripetuto perde inesorabilmente la sua efficacia, lasciando il soggetto nudo, con i suoi egoismi. 

Vecchia di cent'anni

"Non si guarisce mai da ciò che ci manca, ci si adatta, ci si racconta altre verità.
Si convive con se stessi, con la nostalgia della vita, come i vecchi."
(M. Mazzantini, Venuto al mondo)


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martedì 11 ottobre 2011

Piccoli divieti a cui disobbedire

"Le mie parole sono sassi
precisi aguzzi pronti da scagliare
su facce vulnerabili e indifese
sono nuvole sospese
gonfie di sottointesi
che accendono negli occhi infinite attese
sono gocce preziose indimenticate
a lungo spasimate e poi centellinate, sono frecce infuocate che il vento o la fortuna sanno indirizzare
Sono lampi dentro a un pozzo, cupo e abbandonato
un viso sordo e muto che l'amore ha illuminato
sono foglie cadute
promesse dovute
che il tempo ti perdoni per averle pronunciate
sono note stonate
sul foglio capitate per sbaglio
tracciate e poi dimenticate
le parole che ho detto, oppure ho creduto di dire
lo ammetto
strette tra i denti
passate, ricorrenti
inaspettate, sentite o sognate...
Le mie parole son capriole
palle di neve al sole
razzi incandescenti prima di scoppiare
sono giocattoli e zanzare, sabbia da ammucchiare
piccoli divieti a cui disobbedire
sono andate a dormire sorprese da un dolore profondo
che non mi riesce di spiegare
fanno come gli pare
si perdono al buio per poi ritornare
Sono notti interminate, scoppi di risate
facce sopraesposte per il troppo sole
sono questo le parole
dolci o rancorose
piene di rispetto oppure indecorose
Sono mio padre e mia madre
un bacio a testa prima del sonno
un altro prima di partire
le parole che ho detto e chissà quante ancora devono venire...
strette tra i denti
risparmiano i presenti
immaginate, sentite o sognate
spade, fendenti
al buio sospirate, perdonate
da un palmo soffiate"

Samuele Bersani, Le mie parole

domenica 9 ottobre 2011

Fermo immagine


Istantanee di un uomo importante. Il collega, l'amico, l'amore: il sentimento più profondo e completo, il sentimento "perfetto".
Voglia di condividere. Scrupoli. Boccioli di rosa. Schegge confitte nell'anima.



photo by isi

venerdì 7 ottobre 2011

Boccioli di rosa

"C'è un'ape che se posa su un bocciolo de rosa
lo succhia e se ne va.
Tutto sommato la felicità
è una piccola cosa" (Trilussa)