sabato 4 febbraio 2012

L'imperatore del male

"La medicina... comincia con un racconto. I pazienti raccontano storie per descrivere una malattia; i dottori raccontano storie per comprenderla. La scienza racconta la propria storia per spiegare le malattie."
E proprio come un racconto si dipana, in questo fantastico libro, una storia difficile da narrare: la storia del cancro. Per essere più precisi, la storia degli ultimi 150 anni di ricerche, scoperte, sconfitte, vittorie, passi avanti, ruzzoloni indietro, trovate che hanno sconvolto la scienza e fallimenti; di ricercatori, medici, scienziati, politici, pazienti piccoli e grandi, uomini e donne...
Una trama costruita con saggezza, nella quale ogni microstoria, quale che sia – dalla vicenda di Jimmy alla scoperta del retrovirus – è calata nella macrostoria, ancorata e spiegata in virtù degli eventi storico-sociali, culturali e politici del suo tempo. Non è cronaca, nel libro di Mukherjee: è storia. Non una sequenza asettica e fredda di date, nomi ed eventi; bensì vita, pensieri, emozioni: la rabbia per la ricerca che porta a nulla, la frustrazione per i finanziamenti negati; la gioia per la scoperta che cambia l'ordine delle cose o anche solo per il miglioramento degli esami di un paziente...
Il racconto scorre fluido, in un narrare piacevole e accattivante, che tiene incollati alla pagina con la suspance degna dei migliori thriller: 700 pagine che letteralmente si divorano. La dimostrazione che è possibile "raccontare" la scienza. Certo, bisogna essere dannatamente bravi!


E questo nonostante l'argomento, che fa paura.
E tanto più fa paura quando, narrate le conquiste nella cura dei tumori nel corso del tempo, il libro ripercorre le tappe della ricerca delle origini del Male (non l'atrabilis di galeniana memoria): quali le cause? quali le dinamiche?
"Nulla si inventa, nulla è estraneo. La vita del cancro riproduce la vita del corpo, la sua esistenza è uno specchio patologico della nostra... Questa tuttavia non è una metafora. Fino nel loro nucleo molecolare, le cellule tumorali sono copie iperattive, capaci di sopravvivere, litigiose, feconde e inventive di noi stessi."
"Geni anomali governavano tutti gli aspetti del comportamento del cancro. Cascate di segnali aberranti, che si originavano da geni mutanti, si allargavano nella cellula tumorale, promuovendo la sopravvivenza, accelerando la crescita, permettendo la mobilità, arruolando vasi sanguigni, migliorando il nutrimento, prendendo ossigeno - sostenendo, insomma, la vita del cancro."
Un bizzarro, sconvolgente, gioco di mutazioni nei nostri geni. E il nostro corpo replica se stesso e le dinamiche che garantiscono la vita, in maniera anomala, anormale, un'iperbole di se stesso, immortale. Semplicemente, banalmente. Tragicamente.
Giunti alla fine del libro ci si sente impotenti. La fiducia data dalla consapevolezza dei progressi compiuti nella cura del Male, narrati nei primi due terzi del libro, soccombe di fronte alla lucida descrizione dell'oncogenesi, alla consapevolezza che abbiamo in noi un numero infinito di invisibili bombe ad orologeria, che imprevedibili e accidentali combinazioni di caso ed eventi esterni possono in qualunque momento innescare.
Bombe, che in parte la medicina ha imparato a disinnescare. In buona parte? O solo in parte?
"Questa storia della genesi di un cancro - di sostanze cancerogene che causano mutazioni di geni interni, scatenando cascate di segnali in cellule che poi seguono il ciclo di mutazione, selezione e sopravvivenza - rappresenta lo schema più convincente che abbiamo della nascita del cancro".
(Passi tratti da Siddhartha Mukherjee, L'imperatore del male, vincitore del premio Pulitzer 2011)

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