Bruxelles, Covent Garden
22-26 ottobre 2012
La paura
La prima lettera di invito, ma no, non mi chiameranno. I documenti, le carte da firmare, l'indirizzo da cambiare (quanto tempo è passato da quando mi sono iscritta?).
Poi la conferma. Incredula? Confusa.
La prima parte del lavoro, così stanca dopo il grande impegno che l'aveva preceduto, ma si prova e quando ci si accorge che così non va bene si torna indietro, si corregge, si rilegge, si riscrive.
E la paura, di non essere all'altezza, di non essere capace, di non riuscire a trattare e contrattare in una lingua che non si padroneggia con scioltezza. Non mi capiranno mai...
Mi sento così piccola
E' domenica. Forse è nuvolo, forse è grigio (ma è il clima, o è forse il mio animo ad essere così cupo?).
Arrivo davanti al palazzo. Vedo quella targa. E' capace di schiacciarti, quella targa, con le sue poche righe bilingui che ti dicono che sei arrivata, certo, ma tu ti senti così piccola. Di fronte all'Europa.
Sorrisi e risa
Il lavoro riempie di sé intere giornate, le ore scorrono dense e veloci: si discute si legge si scrive, ci si prepara al prossimo meeting, si ripassano i punti, ci si annota quanto detto nel corso del precedente, non c'è molto tempo, il lavoro è tanto, niente pranzo, neppure oggi, un'altra tazza di caffè (quello c'è sempre, ad ogni piano, caldo), un altro ascensore (up or down?), altri visi. Altri sorrisi. Perché ci si sorride sempre, quando ci si incontra, in ascensore o lungo il corridoio, quando si cammina veloci alla ricerca della prossima sala riunioni e gli occhi incrociano altri occhi che passano rapidi. E si ride. Tanto. Quanto si ride!
"We work very hard, but we also laugh a lot, and the atmosphere is very informal" non avevo creduto a queste parole, quando le avevo lette. E invece...
Dalla finestra del mio ufficio
Dalla finestra del mio ufficio, all'ottavo piano, vedo la città. Sono fortunata: le giornate sono magnifiche, c'è il sole che tinge il mondo dei colori dorati di questo autunno che avanza.
I rumori non arrivano, quassù. Solo il silenzio, il ticchettio veloce delle dita sulle tastiere dei miei colleghi d'ufficio, ogni tanto qualcuno propone un caffè (un altro? quanti caffè ho bevuto?), qualcuno si alza per andare alla stampante, ti guarda e ti sorride.
Passano le ore. La finestra rimanda il buio che avvolge la città, le luci accese nei palazzi, i fari delle auto che ritornano a casa. Anche questa sera mi aspetta il mio tavolo in quella brasserie vicina all'albergo, e poi l'intimità della mia camera, che per questa settimana è "casa", qui, al centro dell'Europa.
Europa
Qualcosa da temere, qualcosa da imparare, qualcosa da mettere alla prova, qualcosa di cui innamorarsi.
E non dover dimostrare, ma vivere nella consapevolezza che si è in grado di fare, con rispetto e con dignità.
E' sabato: si torna a casa, più ricchi dentro, ma con una nuova nostalgia. La nostalgia di sentirsi di nuovo, pienamente, Europa.
photo by isi